Il Birraio di Preston by Andrea Camilleri

Author:Andrea Camilleri [Camilleri, Andrea]
Format: epub
Publisher: Sellerio
Published: 1995-04-14T22:00:00+00:00

Tornò nella cucineddra che manco era passata mezz'ora, si fermò allato ad Agatina abbottonandosi la cammisa, dopo l'obbligò ad isare la testa pigliandola da sotto il mento.

«Aggiustai tutto» disse. «Fatti forza e veni cu mia. Tu devi dire a tutti le cose che ora vedrai, devi contare che erano accussì appena sei trasuta».

La fìmmina si alzò ma s'assittò subito, le mancavano le gambe, non ce la faceva a stare addritta da sola. Agguantandola da sotto le ascelle che sentì vagnate di sudore, Puglisi la mise in piedi, la girò, la spinse verso la cammara, forzandola a camminare malgrado che ad Agatina le gambe parevano diventate di legno, da ricotta che erano.

«Talìa» disse semplicemente, ad ogni buon conto tenendole una mano davanti alla bocca.

Nella cammara la scena era completamente cangiata. Sul letto, non più nuda ma in fodetta, ci stava Concetta, ed era come se stesse tranquillamente dormendo. Il picciotto invece era stinnicchiato per terra, completamente vistuto, i piedi rivolti verso il finestrone e un braccio sopra il letto. Stava a facciabocconi.

«Lu vidi? Arricordati di quello che stai videndo» disse con le labbra dintra la grecchia d'Agatina il diligatu. «Il picciotto, che si trovava a passare, s'accorse dell'incendio e non potendo trasìri dalla porta principale della casa pirchì c'era foco, fece la bella pensata di trasìri dalla parte di darrè. Gettò una tavola tra la montagneddra di sale e il tetto, s'arrampicò, saltò sul finestrone, raprì le persiane che to soro aveva lasciate accostate, trasì nella cammara da letto ma lo pigliò in pieno la fumazzata. Ci mancò il respiro, cadì, sfortunatamente, a colpa del vento, i vetri si richiusero, la cammara tornò a essiri stagna e il picciotto ci si assufficò. Capisti ogni cosa? Te la spiego meglio: Gaspàno non stava ficcando con to soro, si venne a trovare in questa cammara solo perché la voleva portare a salvamento. Capisti tutto? Pozzo stare tranquillo?».

Lei non arrispunnì, Puglisi si preoccupò, pensò che quella non ci stava proprio con la testa.

«Stammi a sentìri. Se tu non hai capito quello che ti ho detto e quando ti domandano dici una cosa diversa, a mia mi fottono la carriera. E io tutto questo triatro lo sto facendo solo perché non mi pare di giusto e poi perché me l'hai addimandato tu»,

Agatina voltò la testa di scatto e gli morsicò a sangue le labbra. Istintivamente Puglisi la lasciò, sorpreso. E allora fu lei ad afferrarlo per le braccia, a spingerlo all'indietro verso la cucina.

«Veni ccà! Veni ccà!».

Tremava, ma di dentro, come fanno certe volte i gatti. Nella cucineddra, si stinnicchiò sopra il tavolino e tirò verso di sé Puglisi tenendolo per i risvolti della giacchetta.

«Pi favuri! Pi favuri!» implorò col fiato grosso.

«No» disse Puglisi e tentò di farle aprire le mani. Ci riuscì ma fu peggio, perché Agatina, lasciata la presa, gli serrò le braccia darrè la nuca, ansimando.

«Lasciami stare» fece Puglisi che sì sentiva tremare le gambe e non solo per la posizione in cui si trovava.

Lei principiò a vasarlo fitto sulla faccìa e

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